Il Content Marketing è messaggio che dà già servizio. È una comunicazione che diventa strategia di vendita e vive sui diversi canali digitali.
Molti ritengono che il Content Marketing sia una tecnica di marketing che innesca il potenziale virale proprio dei Social, ma è una visione limitata del concetto di Content Marketing, che deve essere inteso piuttosto come cultura da diffondere all’interno dell’azienda.
Già nel 2014 qualcuno ha sentito l’esigenza di inventare una tavola periodica del Content Marketing intuendo l’importanza di avere sotto controllo gli elementi per costruire una strategia di Content Marketing di lungo periodo fondata su basi solide, che considerasse: obiettivi, format, tipo di contenuti, piattaforme, metriche, sharing triggers, checklist.
I contenuti stanno nel mezzo tra pubblicità e servizio.
Esistono più tipi di contenuti:
– Expert content (fonti accreditate, articoli e recensioni di terze parti)
– Branded content (prodotti dall’azienda)
– User-generated content (recensioni di fruitori)
Esistono diversi format di contenuti (articolo, post, video, pdf, foto), così come molteplici sono le piattaforme sulle quali diffonderli: quelle proprietarie, come il sito web, e quelle per eccellenza, ossia i Social Network che aiutano a diffondere i contenuti inseriti nelle piattaforme proprietarie.
Il principio che dovrebbe guidare la creazione di contenuti è pensare ai driver emozionali capaci di rendere ogni contenuto degno di diffusione virale. A questo link ne abbiamo un esempio. Questo non significa solo essere dotati di creatività, chiunque è in grado di creare contenuti vincenti se alla base ha cultura editoriale specifica ed informata. Ciò implica due azioni preliminari di grande importanza:
1. individuare i luoghi digitali in cui i clienti “hanno fatto il nido” (blog, forum, social)
2. essere in grado di ascoltare i clienti e misurare correttamente le interazioni
Partendo dalla consapevolezza che il 10-20% dei contenuti del sito web aziendale guida il 90% del suo traffico web, e solo lo 0,5% dei contenuti spinge oltre il 50% del traffico, l’obiettivo di chi vuole scrivere in rete diventa essere “autori autorevoli”. Fare storytelling diventa una missione aziendale: il potenziale cliente si deve poter riconoscere nel contesto che si narra, aumentando così il potere di influenzarlo rispetto alla soluzione da prendere. La condivisione spontanea tra gli utenti (sharing) è una semplice conseguenza dell’adozione di questa visione.
Piattaforme, canali e tecnologia conducono ad esseri umani. Smettere di attuare le vecchie tecniche da venditori e cercare di aiutare, intrattenere e risolvere problemi è ciò che porta le aziende a fare i numeri. E i numeri si devono avere in pugno manovrando sapientemente le metriche di misurazione per monitorare le performance dei contenuti diffusi in rete e far in modo che l’obiettivo sia costantemente perseguito (generazione di traffico, aumento delle vendite, aumento della brand awareness, ecc).
Il Customer Journey avviene principalmente in luoghi lontani dall’azienda.
Il 70-80% del percorso di acquisto del cliente avviene prima del momento in cui si manifesta all’azienda. Significa che le aziende hanno a disposizione solo il 20-30% del Customer Journey per influenzare il target con modalità “classiche”. La percentuale è in costante diminuzione: Strategie di Content Marketing ben piantate permettono alle aziende di intercettare il cliente nel momento in cui inizia a raccogliere le informazioni che lo guideranno nella decisione di acquisto.
La cultura del contenuto deve pervadere in tutta l’organizzazione aziendale.
Secondo un’indagine del 2014 di Forrester le aziende credono nell’investimento in strategie di Content Marketing. Infatti il 5% è CONTENT EXECUTOR, ossia applica saltuariamente una politica di contenuti, però poi il 52% è definito ASPIRING EDITOR perché ha risultati inconsistenti e manca il coinvolgimento dell’intera azienda. Il 38% è PROACTIVE PUBLISHER, possiede una strategia ed una serie di best practices, ma non misura il successo della Content Strategy. Solo il 4% è CONTENT MASTER, cioè possiede una comprensione integrale dell’ecosistema Content Marketing:
– supervisione editoriale formale
– feedback dei clienti
– misurazione dell’impatto dei contenuti sui ricavi
Insomma, ancora troppo spesso le aziende rinunciano ad un reale investimento in Content Marketing e secondo Contently avviene per:
– mancanza di tempo
– difficoltà di pianificazione dei contenuti
– difficoltà di creazione di contenuti utili e coerenti
– mancato raggiungimento degli obbiettivi del blog
Prima le aziende si svegliano e prima cominceranno a godere dei frutti che solo il Content Marketing è in grado di portare in un contesto come quello odierno.
Attenzione però, è essenziale la consapevolezza che non si tratta di un progetto semplice ed immediato: centrare l’obiettivo significa cambiare mentalità di chi fa impresa, entrare nel tessuto culturale delle persone che sono essenza dell’azienda, oggi più che mai.